Giovanni Corvi.
Un irregolare dell'antifascismo
Ci
sono donne e uomini che appaiono fuori dalla storia, nonostante che le
loro scelte e la loro stessa vita siano state radicalmente dentro e
contro la storia. Sovente il loro essere senza-storia coincide con
l’essere stati dei senza-partito. Uno di questi “cancellati” ha nome
Giovanni Corvi e nel 1924 - anno terzo dell’Era fascista - finì su tutti
i giornali.
La
sua vicenda appare strettamente legata all’assassinio del deputato
socialista Matteotti, sequestrato da squadristi al servizio del Viminale
nel giugno di quell’anno.
La
feroce liquidazione dello scomodo quanto irriducibile avversario di
Mussolini destò un’ondata di proteste popolari tali da mettere in
pericolo la nascente dittatura.
In
varie zone dell’Italia centro-meridionale si verificarono agitazioni e
sollevazioni spontanee. A Roma vi fu un esteso sciopero nei cantieri
edili mentre in alcune fabbriche furono esposte bandiere rosse e foto
del deputato socialista. A Napoli durante lo sciopero degli operai
metalmeccanici si verificarono scontri di piazza tra fascisti e
antifascisti; a Bari furono attuati analoghi scioperi operai, mentre a
Catania, Foggia e Messina furono tenuti cortei e comizi.
Nella Capitale, inoltre, numerose migliaia di antifascisti armati legati al movimento Italia Libera
si mobilitarono nottetempo in vista di uno sciopero generale
insurrezionale che i comunisti di Gramsci e gli anarchici di Malatesta
cercarono, invano, di far proclamare ai sindacati e al resto della
sinistra.
Persa
dall’antifascismo l’occasione senz’altro propizia, Mussolini poté
superare la crisi istituzionale ed avviò anzi la trasformazione del suo
governo in regime. Poco tempo prima della sua tragica scomparsa,
Matteotti – rivedendo le sue precedenti posizioni legalitarie – aveva
scritto: «C’è tanto bisogno di energia, di coraggio, di arditezza!», ma
se tale invito non fu raccolto dall’antifascismo ufficiale, non
mancarono le iniziative spontanee e individuali, dalle scritte murali
agli attentati.
Pochi mesi dopo, il
12 settembre a Roma, l’operaio carpentiere Giovanni Corvi, su un tram,
uccise a rivoltellate il deputato fascista (ex-segretario del Partito repubblicano)
Armando Casalini con la dichiarata intenzione di vendicare Matteotti.
Mentre gli squadristi si scatenavano nelle rappresaglie, la morte di
Casalini, importante esponente delle Corporazioni, fu solennemente
commemorata dallo stesso Mussolini ed entrò nel martirologio della
cosiddetta Rivoluzione fascista come vittima della “rivoltella
comunista”.
Dalla
schedatura compiuta dalla polizia si apprende che Corvi era nato il 31
maggio 1898 a Teglio (So). Quindi, avendo prestato servizio militare
durante la Prima guerra mondiale, era stato congedato solo nel 1920,
dopo di che si era trasferito a Roma in cerca di lavoro. A suo carico
non risultava alcuna attività politica precedente ma solo qualche reato
minore contro il patrimonio e le persone; comunque la polizia e la
stampa lo schedò come comunista, seppure la memorialistica
comunista (così come quella anarchica) non lo avrebbe mai rivendicato
come proprio aderente ed anzi talvolta è stato ritenuto solo un
“esaltato”.
Subito dopo l’arresto - così come accadde a molti altri invisi al regime (da Argo Secondari, fondatore degli Arditi del Popolo,
a Ida Valser, moglie rinnegata dal duce) - ne fu disposto
l’internamento presso il manicomio provinciale di Roma, da dove venne
temporaneamente dimesso il 23 luglio 1927 per «non provata psicosi» in
quanto più volte risultato sano di mente. Sempre sottoposto alle
attenzioni della polizia e dalla Milizia fascista, fu assolto
dall’imputazione di omicidio, per «totale infermità mentale», per cui a
seguito di questa sentenza del Tribunale fu di nuovo rinchiuso nel
manicomio criminale di Aversa, dal quale uscì nel 1937 quando gli
vennero comminati 4 anni di confino di polizia «trattandosi di elemento
manifestatosi estremamente pericoloso». Nel maggio del 1941, allo
scadere della sua detenzione, fu ugualmente trattenuto al confino delle
Tremiti, «per tutto il periodo della guerra». Nel settembre del 1943, il
«provvedimento di internamento [...] è revocato» e Corvi poté tornare a
Sondrio dai suoi familiari, ma nel maggio dell’anno seguente fu qui
arrestato dai repubblichini, in quanto «il Corvi costituisce un pericolo
per l’ordine pubblico in questo delicato momento». Le autorità di Salò
ne decisero l’internamento «nelle contingenze belliche» ed infatti fu
trasferito al campo di concentramento di S. Martino Rosignano, in
provincia di Alessandria. Il 24 ottobre 1944 venne però prelevato,
insieme agli altri detenuti, dalla polizia tedesca e trasferito «per
ignota destinazione», ovvero verso il campo di transito di Cocconato d'Asti, dove risulta essere deceduto il 31 dicembre 1944.
di Marco Rossi e Roberto Carocci
uscito per l'Archivio Antifascista sul «'l Gazetin», dicembre 2010 (qui)
Per approfondire:
:: Roberto Carocci, Roma sovversiva. Anarchismo e conflittualità sociale dall'età giolittiana al fascismo (1900-1926), Odradek, 2012.
:: Marco Rossi, Arditi, non gendarmi! Dalle trincee alle barricate: arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922), BFS, 2011.
:: Marco Rossi, Capaci di intendere e di volere. La detenzione in manicomio degli oppositori al fascismo, Zero in Condotta, 2014.
:: Marco Rossi, Capaci di intendere e di volere. La detenzione in manicomio degli oppositori al fascismo, Zero in Condotta, 2014.